I Maori sono una popolazione di lingua e cultura polinesiana che, a partire dal IX secolo si stabilirono in Nuova Zelanda, Aotearoa, in polinesiano la “Terra della lunga nuvola bianca”. La base dell’organizzazione sociale dei Maori è la famiglia estesa.
La Nuova Zelanda era divisa fra tre iwi o tribù, ognuna delle quali era composta dai discendenti degli equipaggi delle prime tre canoe che secondo la tradizione raggiunsero Aoateroa. A capo dell’iwi c’era l’ariki, il capo supremo. La società maori era divisa in tre classi con al vertice gli aristocratici, i rangatira, le altre due comprendevano gli uomini liberi e gli schiavi, costituiti dai prigionieri di guerra e dai loro discendenti.
La marae, l’area cerimoniale, con al centro la grande casa delle riunioni, è tuttora il fulcro della vita sociale, il simbolo dell’identità della comunità e del vincolo con la terra.
Il potere dei capi e dell’aristocrazia era di natura sacrale e soprannaturale legato ai concetti di mana (potere divino) e di tapu. Il tapu rappresentava un potere potenzialmente pericoloso e indicava una situazione di inaccessibilità al contatto umano. L’aristocrazia aveva al suo interno delle divisioni gerarchiche basate sulla vicinanza genealogica con l’antenato mitico.
Gli ornamenti e gli oggetti personali erano espressione di rango; gli ornamenti personali degli aristocratici contenevano l’essenza vitale del proprietario, erano considerati tapu ed era perciò pericoloso maneggiarli in maniera inappropriata. Anche i tatuaggi erano insegne di rango e la procedura per il tatuaggio, permeata di sacralità, era considerata tapu. Attualmente in Nuova Zelanda vivono circa trecentomila Maori che costituiscono la parte socialmente ed economicamente più svantaggiata della popolazione neozelandese. Malgrado i circa centocinquanta anni di dominio coloniale europeo i Maori conservano un forte legame con la propria tradizione culturale e un forte senso di identità etnica.
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