La collezione africana del Museo L. Pigorini conta poco più di 10.000 oggetti, acquisiti quasi tutti tra il 1866 e il 1920. Ad eccezione di pochi rarissimi reperti databili al XVI e XVII secolo, la quasi totalità della collezione proviene dalle raccolte dei viaggiatori italiani dell’ultimo quarto del XIX secolo.
Tra i più antichi manufatti sono da citare due cucchiai in avorio in stili Bini-portoghese appartenenti alla collezione cinquecentesca di Cosimo I de’ Medici, i tessuti in rafia di palma Kongo (Zaire), un olifante in avorio e una saliera anch’essa in avorio in stile Sapi-portoghese (Sierra Leone), provenienti dal Museo Kircheriano fondato nella seconda metà del XVII secolo dal padre gesuita Athanasius Kircher. Al più antico nucleo appartengono anche due piccole sculture in legno opera degli Ovimbundu (Angola) provenienti dal Museo privato di Antonio Vallisnieri, medico e naturalista padovano e risalenti alla fine del XVII secolo.
A partire dalla sua istituzione nel 1875, grazie all’opera di Luigi Pigorini, confluì nel Museo, frutto di donazioni e acquisti, la gran parte degli oggetti etnografici. Nel 1883 il Museo acquistò la collezione costituita tra il 1874 e il 1880 dall’esploratore Romolo Gessi nelle regioni del Nilo Bianco composta da oggetti rari e di grande interesse provenienti dal Sudan e dal bacino del Congo.
Nel 1887 fu acquisita la collezione Brazzà-Pecile che include due figure di reliquiario dei Kota (Gabon), tra i primi oggetti di quell’area a giungere in Europa. Sempre nel 1887 entrarono a far parte delle collezioni museali i materiali raccolti da Luigi Corona prevalentemente nella regione congolese. Ancora di provenienza congolese furono le collezioni più importanti acquisite tra il 1900 e il 1922: le raccolte Angeli e Pratesi – con materiali Kongo e Yaka – la collezione Luba raccolta da Falcetti, quella dei Kongo raccolta da Verdozzi e Roselli-Lorenzini, quella dei Lega raccolta da Tagnini e quella rappresentativa di diversi gruppi dello Zaire raccolta da Ricciardi.
Tra il 1878 e il 1911, i Re d’Italia Umberto I e Vittorio Emanuele III donarono la preziosa collezione di abiti e gioielli cerimoniali da loro ricevuta in omaggio da Menelik, Negus di Abissinia.
Nel 1913 l’imponente raccolta di Enrico Hillyer Giglioli arricchì in modo determinante il patrimonio del Museo con circa 17.000 opere tra reperti preistorici e oggetti etnografici provenienti dai quattro continenti. Sebbene il nucleo africano non sia molto consistente, tuttavia, al suo interno figurano importanti esemplari d’arte africana, fra i quali i due cucchiai appartenenti alle collezioni Medicee di cui si è detto.
Soltanto nel 2003 è avvenuta l’ultima cessione dei materiali etnografici appartenenti alla Società Geografica Italiana iniziata, tra il 1876 e il 1894, con l'affidamento a titolo di deposito delle collezioni raccolte in loco da studiosi e viaggiatori come Miani, Gessi, Antinori, Cecchi, Chiarini, Bottego, Antonelli che con le loro ricognizione contribuirono ad indagare quegli ampi “spazi bianchi” che ancora limitavano la conoscenza del Continente.
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